SUBURRA
Da quasi vent’ anni Stefano Sollima è il principe del “noir” italiano. “Romanzo Criminale” e “Gomorra” hanno rappresentato una rivoluzione nella televisione italiana che, per la prima volta, ha offerto produzioni all’altezza delle serie TV americane. La capacità di tracciare la rotta delle dinamiche reali del potere criminale attraverso scene e personaggi, necessariamente romanzati, fa sì che Sollima possa essere considerato la faccia cinematografica di una medaglia che ha in Roberto Saviano il suo lato giornalistico e letterario. “Suburra” è un film che conferma le qualità di questo talentuoso regista. Si tratta di una pellicola che delinea i rapporti fra potere politico, criminale ed ecclesiastico in una Roma plumbea e piovosa. Tre mondi così distanti nel nostro immaginario che, invece, intrecciano relazioni per saziare una comune sete di potere. Ogni personaggio rappresenta un mondo. Alessandro Borghi è un “cavallo pazzo” senza regole. Lui vuole comandare e basta. Ostia è sua e i giochi di potere non gli piacciono. Lui non “lecca il culo” alle “famiglie di bassa Italia”. Pierfrancesco Favino è un politico di secondo piano che cerca in ogni modo di fare il salto. Elio Germano è un PR mondano e superficiale totalmente opposto al “Giovane Favoloso”. Infine, Claudio Amendola, demiurgo che amalgama e concilia gli interessi del potere criminale con quelli ecclesiastici e politici. Deus Ex machina di una Roma che diventa il suo scacchiere, muove le pedine, le “famiglie di bassa Italia” le rispetta. Il suo ruolo in questo film fa dimentichare come per dieci anni abbia recitato ne “I Cesaroni”. Il contesto in cui si svolge la trama è quello di una Roma fiorente e ignara. Parliamo di Piazza del Popolo, Via della Conciliazione, il centro. E allora mi viene in mente che è un capolavoro che afferra le viscere poiché non è soltanto un film, è la realtà. La calpesto ogni giorno e non me ne accorgo neanche