L’odore dei fumogeni, un po’ come quello della benzina, appartiene a quella categoria di stimoli sensoriali che da lontano piacciono. Poi, man mano che ti avvicini, le vie respiratorie si appesantiscono e hai bisogno di coprirti il viso mentre il colore azzurro ti avvolge in una fitta nebbia.
I cori dei tifosi da stadio, intonati con disciplina certosina, somigliano a quelli delle Chiese: liturgici e solenni. Non sono sicuro però che in Chiesa un gingle disco pop anni 80-90 possa restituire lo stesso senso di catarsi, una dimensione onirica in cui si intrecciano i flash di una Passione sportiva: il pallonetto del “Pampa” Sosa contro il Frosinone nel 2006 e poi sotto la curva a sfilarsi la divisa da gara per mostrare la T- Shirt “ Chi ama non dimentica” dedicata a Diego nel giorno della promozione del Napoli dalla serie C alla serie B. I gol di Cavani, il tradimento di Higuain, i parenti che non ci sono più ma in realtà non se ne sono mai andati, la cresta di Hamsik, i genitori che vedi poco e che provano ancora a recuperare da quei deboli silenzi del passato o dalle parole fuori luogo dette quando faceva male, i dribbling del “ Pocho” Lavezzi.
Stamattina ci siamo svegliati definitivamente adulti noi che non avevamo mai visto i primi scudetti ed eravamo nati già orfani di Maradona: la spaccatura generazionale si è ricomposta come la pietra su cui Aslan viene sacrificato dalla Strega ne “ Le cronache di Narnia” perché il suo cuore era innocente, proprio come quello dei ragazzi di Spalletti. Tenerissimi, all’inizio di un nuovo ciclo che non contempla salvatori della patria argentini e napoletani, non hanno la più pallida idea di che cosa significa vincere qui.
“Geeg Robot” Osimhen con la maschera “si trasforma in un razzo missile con circuiti di mille valvole, tra le stelle sprinta e va” mentre Kvaratskhelia, il George Best di Napoli, dipinge coi piedi. Il colore della sua pelle è dello stesso candore dei corpi dipinti da Caravaggio, a contrasto con quello sfondo nero pece che pure si riflette in qualche sguardo accigliato del fantasista georgiano. La scaramanzia è solo un supporto che bilancia irrazionalmente, e in modo precario, rapporti di forza oggettivamente scoraggianti, per questo si è sciolta come neve al sole dopo il 5-1 contro la Juventus.
Scriveranno, anzi, lo hanno già scritto, che è stato il turismo, l’accoglienza, la legalità, la pizza a 10 euro, la Nuova Napoli che sta imparando l’inglese e il tedesco, l’overbooking nei B&b. Fiumi di inchiostro anche per la triade tecnico dirigenziale De Laurentis-Giuntoli-Spalletti: l’organizzazione di Napoli, la nuova Zurigo dell’Occidente. Ringrazierei invece un senzatetto coi rasta che si aggira in via Duomo, ha lo sguardo accesso, non parla, saluta tutti con dei cenni del viso, poi all’improvviso urla : “ DIEGOOOOO!!” e così facendo ci ricorda che le cose importanti vanno dette chiaramente, così come stanno, senza girarci intorno, senza perdere tempo a rappresentarle attraverso concetti elaborati. Trentatré anni dopo l’ultimo scudetto, come gli anni di uno molto famoso che come Maradona è stato sempre dalla parte degli ultimi, dopo la vittoria della Argentina ai mondiali, per la terza volta, Napoli Campione d’Italia