A meno di un mese dalle elezioni in Israele, Tel Aviv sta perdendo un importante alleato a livello internazionale? La domanda sorge spontanea dopo le recenti dichiarazioni da parte del primo ministro Netanyahu. Oggetto della lite, il nucleare in Iran: la comunità internazionale prosegue con i negoziati di Ginevra, nel formato 5+1 (Usa, Russia, Cina, Francia, Gran Bretagna e Germania). A Netanyahu la cosa non piace, anzi accusa l’Occidente di “aver ceduto sull’impegno di impedire che l’Iran ottenga armi nucleari”. Questa posizione, nell’ottica di Tel Aviv, mette a rischio i rapporti tra i due paesi.
In una conferenza del suo partito, il Likud, il premier israeliano ha detto: “Hanno accettato il fatto che l’Iran, nei prossimi anni, sviluppi gradualmente materiale fissile, indispensabile per la produzione di bombe nucleari. Forse loro possono vivere con questo, ma io non posso. Rispetto la Casa Bianca e il presidente degli Stati Uniti, ma su una materia così decisiva, che può determinare o meno la nostra sopravvivenza, devo fare di tutto per prevenire un così grande pericolo per Israele”.
Una reazione che si giustifica sia per questioni strategiche, sia con l’imminenza delle elezioni anticipate in Israele (il 17 marzo Netanyahu sarà di nuovo candidato). Il consigliere per la sicurezza nazionale del presidente americano, Susan Rice, ha rimarcato che il discorso di Netanyahu non è solo “distruttivo” ma anche ”infelice” per le relazioni tra Usa e Israele.
I rapporti sono tesi dunque. La frattura c’è. Obama, considera la visita di Netanyahu, come un estremo tentativo di sabotare il negoziato sul nucleare iraniano, che invece la Casa Bianca ritieneprioritario per la sua politica estera. Per raggiungere quest’obiettivo, i negoziatori starebbero cedendo su alcuni aspetti dell’intesa. Accordo che infatti potrebbe essere “a tempo” (si parla di 20 anni), mentre Netanyahu vorrebbe che si siglasse un’intesa che impedisca a Teheran di produrre materiale nucleare con effetto immediato.
Sullo sfondo di questa crisi, lo scandalo Spycables, la rivelazione di documenti segreti dell’intelligence mondiale, da cui trapela che anche il Mossad avrebbe confermato come l’Iran, già nel 2012,non stesse svolgendo attività per la produzione di armi nucleari.
Intanto Netanyahu si appresta a parlare al Congresso degli Stati Uniti. Durante la sua visita negli Usa, il premier israeliano non incontrerà Obama.
Cambio di strategia in Medio Oriente? Vedremo. Nel frattempo,Israele cerca la collaborazione con Riyadh. Seppur con un approccio diverso, e sebbene il conflitto arabo-sionista resti ancora irrisolto, i due paesi cercano strategie comuni nella lotta ai gruppi jihadisti, che, insieme all’Iran, sono una seria minaccia all’ordine regionale in Medio Oriente. La politica Occidentale in Medio Oriente è ad un punto di svolta. Le numerosi crisi, e la fallimentare gestione delle primavere arabe da parte di Obama, non sono facili da risolvere. Gli equilibri stanno cambiando rapidamente. Occorre scegliere da che parte stare, con chi collaborare e con chi combattere. Un monito questo, che deve accompagnare anche i paesi dell’Ue. Forse è arrivato il momento di capire che non possono essere tutti partner strategici, soprattutto nella regione mediorientale, divisa e lacerata al suo interno da divisioni di carattere religioso. Sarà gradita a Washington la riconferma di Netanyahu al governo israeliano?
di Piero De Luca