13 Luglio 2022

FURY:RECENSIONE

 

“Fury”, il film di David Ayer che racconta le vicende di una squadra militare americana alla guida del carro armato “Fury” attraverso le linee tedesche nella Germania del 1945, sul finire della Seconda Guerra Mondiale. Si tratta di un war movie che ben rappresenta la cruda e brutale follia della guerra in cui uccidere è un’attività quotidiana come lo è mangiare o pregare. Ripulire il tank dal sangue e dai brandelli di faccia esplosi diventa un rito simbolico attraverso il quale le nuove reclute entrano a far parte della squadra di combattimento. Tali brutalità ben si conciliano con la volontà del regista di offrire un tono “Splatter” al film. La violenza e la disperazione che caratterizza il contesto, da un lato causa cinismo e disillusione, propri dell’atteggiamento di Wardaddy, il caposquadra interpretato da Brad Pitt, dall’altro provocano sgomento e incredulità, con le quali dovrà presto fare i conti il giovane Norman, nuova recluta a cui è affidato il compito di riflettere secondo il punto di vista dello spettatore, dell’uomo comune che non fa parte di quel mondo assurdo. Interessante è la rappresentazione dello spazio nel quale si muove la trama. Non più ampi spazi erbosi appartenenti a cult come “Salvate il soldato Ryan”, bensì l’angusto e metallico spazio dell’interno del carro armato “Fury”. Tuttavia, come in molti war movies, il finale scade in un retorico trionfalismo a stelle e strisce che risulta ripetitivo, degno successore della mitica sgroppata di Willem Dafoe, inseguito dai Vietcong nel finale di “Platoon”. Insomma, non si tratta certo di un film che farà la storia del cinema, ma di una discreta alternativa a un pomeriggio di studio

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