I manuali di pedagogia sono ricchi di teorie legate ai traumi infantili. Si tratta di eventi che il bambino non riesce ad elaborare e quindi si sedimentano nel subconscio, salvo poi manifestarsi in età adulta sottoforma di curiose nevrosi che all’apparenza c’entrano poco o nulla con l’origine. Come uno squalo tappeto che si nasconde sotto un leggero strato di sabbia, invisibile, confondendosi con il fondale limaccioso, per poi scattare una tantum quando i pesciolini si avvicinano troppo.
Dopo essere stato radiato dall’Ordine degli Psicologi prima ancora di essermi iscritto all’Università, sono ora libero di parlarvi dei miei traumi infantili e di come questi abbiano condizionato la mia crescita in maniera curiosa e inaspettata. È importante specificare che questi eventi dolorosi sono sostanzialmente sei. Analizziamoli con calma e approfondiamoli.
- 13 maggio 2003.Avevo solo sette anni e non ero pronto per certe cose. Eppure il fato greve che accompagna noi interisti stava per darmi una botta che non dimenticherò. Shevchenko ci eliminò con un goal in spaccata dalla semifinale di Champions nell’Euro Derby valido per l’accesso in finale che si sarebbe giocata all’ Old Trafford contro la Juventus di Marcello Lippi. A niente servì il pareggio di “Oba Oba” Martins , se non a farmi capire che essere interista significa rincorrere un sogno destinato a infrangersi come il tiro di Kallon sull’uscita bassa di Abbiati, a pochi secondi dal fischio finale.
- 21 Febbraio 2004.Milan-Inter. Non si vince il Derby da oltre due anni , da quando il Bobone nazionale l’aveva messa dentro per sbaglio grazie ad una carambola. Poi solo fegato amaro. La partita si mette bene: alla fine del primo tempo vinciamo due a zero. Ma è nei secondi quarantacinque minuti che succede un gran casino. Il Milan rimonta con due goal di Tomasson e Kakà, al quale avevamo steso un tappeto rosso sulla trequarti. 2-2. Mancavano cinque minuti alla fine e, in qualche modo, sembrava fossimo riusciti a non perderla. Poi però Clarence Seedorf, invece di manovrare il possesso palla in maniera ordinata, decise di “sparare” il pallone in porta con un mezzo collo destro a uscire dai trentacinque metri. Avevo solo otto anni.
- 12 Aprile 2005.Inter-Milan. Euro derby valido per i quarti di ritorno di Champions League. Pochi giorni prima Maurizio Mosca, accedendo ad una dimensione ontologica altra, profetizzò una rimonta con doppietta di Adriano. All’andata avevamo perso 2-0 e l’unica speranza era quel presagio. Ma la partita andò diversamente. Adriano doveva ancora recuperare dalle fatiche del Carnevale di Rio e così, al trentesimo minuto, Shevchenko tirò una “sassata” a giro dai venticinque metri che si infilò alle spalle di Toldo. Nel secondo tempo successe un macello: Dida fu colpito da un petardo grosso come una mazza da baseball e la partita fin lì. 3-0 a tavolino per i cugini e curva squalificata.
- 12 Febbraio 2006.Mentre Calciopoli covava sottopelle come farebbe un febbrone da cavallo che manifesta i primissimi sintomi, a San Siro andava in scena la super classica del calcio italiano, il Derby d’Italia, Inter-Juventus. Era la nostra ultima occasione per far sentire il fiato sul collo ai nostri acerrimi rivali, che ormai sembravano spediti verso lo “scudetto”. Alla fine di un tempo e mezzo tiratissimo in cui la Juve fa la partita, il risultato è di 1-1. Poi Alex Del Piero decise di rovinarmi la cena, la domenica e tutta la settimana successiva. Tirò una punizione a giro che pietrificò Julio Cesar ridotto ad una statua di sale. La traversa colpita dal “Chino” Recoba su calcio piazzato servì a conferire un alone malinconico e deprimente ad una stagione che a febbraio era già finita, salvo poi riaccendersi nelle aule dei tribunali.
- 4 Aprile 2006.Fuori dalla lotta scudetto, andavamo sparatissimi in Champions. Dopo aver eliminato l’Ajax grazie ad un gran goal di Stankovic, dominammo il quarto d’andata contro un Villareal comunque forte, che in attacco esibiva l’accoppiata Riquelme-Forlan. Eravamo tutti super fiduciosi per la gara di ritorno. Già si pregustava una semifinale contro l’Arsenal di Thierry Henry. Invece quella partita i rivelò un supplizio da torture cinesi. Una tragedia greca che manifestò lo struggente strazio nefasto in un uscita più che maldestra di un Toldo quanto mai intontito, che si fece anticipare da un colpo di testa insignificante di Arrubarrena. Ma chi è Arrubarrena?
- 18 Febbraio 2008.L’Inter in campionato faceva la “gradassa” con la fisicità di Ibra, Maicon, Materazzi e Vieira ma in Champions la storia cambiava radicalmente. Quella sera Il Liverpool ci dominò dall’inizio alla fine martellandoci con una furia che credevo appartenesse solo alla peggiore versione di mia madre, che si manifestava quando trovava le mie scarpette da calcio, sporche di terriccio, sul parquet lucidato del salone. Come me, l’Inter provò ad ergere una strenua difesa, finché Gerrard tirò una rasoiata col destro che somigliava molto al “pacchero” maligno di mamma. Era tutto finito: l’Inter senza Champions, io senza cena.